Modificate le “restrizioni” in merito alle partite IVA “fittizie”

Come noto, la cosiddetta “Riforma Fornero” del mercato del lavoro ha introdotto una nuova normativa per contrastare il fenomeno delle partite IVA “fittizie”, ossia quei casi in cui le prestazioni di lavoro seppur rese da soggetti titolari di partita IVA, rappresenterebbero di fatto rapporti aventi le caratteristiche tipiche del lavoro subordinato.
In sede di conversione in legge del DL n. 83/2012, la norma è stata modificata come segue:
“Le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, rapporti di collaborazione coordinata continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
a) che la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi.
b) che il corrispettivo derivante dalla collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi, costituisca più del 80 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi;
c) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
Le nuove disposizioni risultano applicabili ai rapporti instaurati successivamente al 18.7.2012.
Per i rapporti in essere a tale data è concesso un periodo pari a 12 mesi durante i quali le parti possono intervenire con “gli opportuni adeguamenti”.
Di conseguenza per tutte le attività esistenti si può usufruire di una “sospensione” dell’operatività delle nuove disposizioni fino al 17.7.2013.
Occorrerà poi ulteriormente verificare a tale data quali siano le eventuali specifiche nuove che ci verranno fornite, sperando che recepiscano la realtà effettiva e non si limitino alla teoria.

Nel merito analizziamo comunque ad oggi i punti a) b) e c) sopra evidenziati sulla base dell’attuale testo di legge:
a) che la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi.
L’utilizzo del termine “durata complessiva” fa ritenere che il limite debba essere calcolato sommando eventuali periodi di minore durata effettuati durante ogni anno: non sembra quindi necessario che il soggetto abbia lavorato in maniera continuativa per lo stesso committente nel medesimo anno.
Tuttavia come previsto dalla norma, i 2 anni devono essere consecutivi e gli 8 mesi di collaborazione devono essere verificati in entrambi gli anni di riferimento. Così, ad esempio, se nel 2013 la collaborazione dura 7 mesi e nel 2014 9 mesi, il requisito non si verifica in quanto solo nel secondo anno ci sono stati più di 8 mesi di lavoro, così come per una collaborazione di 10 mesi nel 2013 e di 10 mesi nel 2015 il requisito non si verifica in quanto i due anni non sono consecutivi.

b) che il corrispettivo derivante dalla collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro di imputazione di interessi, costituisca più del 80 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi;
Tale indice è finalizzato a misurare l’effettiva dipendenza economica. Anche per tale fattispecie, si ritiene per ora che il requisito dei 2 anni debba essere calcolato dall’1.1 al 31.12 dell’anno successivo ma anche su tale aspetto si attendono gli auspicati chiarimenti.
Il raggiungimento dell’80% dei corrispettivi deve essere verificato per ognuno dei 2 anni di riferimento. Ne deriva che se nel 2013, ad esempio, il collaboratore ricava più dell’80% dei corrispettivi annui da un committente, ma nel 2014 ne ricava dallo stesso solo il 70%, il requisito richiesto non è verificato.

c) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
La norma non precisa che la postazione debba essere necessariamente ad esclusiva disposizione del prestatore, quindi la stessa potrebbe essere utilizzata anche in condivisione con altri soggetti.

Occorre da ultimo precisare, sempre sulla base della normativa attuale, quali siano i requisiti per i quali la “presunzione” di sussistenza di una collaborazione coordinata e continuativa non opera comunque:
a) Se la prestazione lavorativa è caratterizzata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi ovvero da capacità tecnico – pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività;
e contemporaneamente è svolta da un soggetto che dichiara un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’art. 1, comma 3, Legge n. 233/90, ossia il reddito minimale previsto ai fini IVS. Per il 2012, considerato che il reddito minimale IVS è pari a € 14.930, il reddito minimo in esame ammonta a € 18.663;
b) oppure se è svolta nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un Ordine professionale (ovvero ad appositi Albi, ruoli o elenchi professionali qualificati). Tali attività saranno individuate da un apposito Decreto da emanare entro il 18.10.2012. Si ritiene probabile che saranno ricomprese in tale fattispecie, ad esempio, l’attività di architetto, ingegnere, geometra, avvocato, dottore commercialista, consulente del lavoro.

Per concludere la panoramica sulla materia sarebbe infine opportuno che ci venissero forniti ulteriori chiarimenti in merito all’applicabilità o meno della normativa ai soggetti che applicano il regime dei minimi, che per loro natura hanno volume di affari e committenza limitate.

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